Tra un mese questo blog compirà tre anni. Nacque precisamente a dicembre 2012. Lo scopo per cui venne creato era quello di accompagnarmi da studentessa nel mio percorso formativo presso la IULINE. Poi pian piano da "quaderno degli esercizi" per l'insegnamento di Informatica del primo anno, è diventato tanto altro:un contenitore di esperienze condivise con altre persone negli ambienti in cui vivo a scuola, in famiglia nello studio. Geert
Lovink (Lovink 2011), pensa il blog come una cassa di risonanza
dell’ego di chi scrive, uno strumento della pubblicizzazione di sé.
Riguardo
la tesi sul
blog
come
testualità nichilista,
E.
Locatelli nel suo libro "The blog Up- storia sociale del blog in
Italia", Franco Angeli, Milano 2014, afferma a pag. 107:
«Pur
essendo condivisibili alcuni spunti critici, la prospettiva di Lovink
appare troppo semplificata poichè non prende adeguamente in
considerazione le diverse tipologie di blog e il ruolo del contesto
nazionale [...] il ruolo del contesto nel conferire ai blog ruoli
differenziati è ben evidente in alcuni studi recentemente pubblicati
(Russel, Echchaibi 2009; Dumova, Fiordo 2012). Un ultimo aspetto da
non sottovalutare è il fatto che pur essendo incontestabile che
molti blog siano privi di commenti, la possibilità di inserirli è
presente di default e che molto spesso la funzione di commento è
stata trasferita in modo complementare ai blog nei social network
[...] i blog sono luoghi che costruiscono il consenso, ma che non
escludono a priori il dibattito, anche se non sempre questo si
attiva, generando la presenza di blog privi di commenti». Non ho mai pensato a questo spazio come luogo di ricerca del consenso e sottoscrivo le affermazioni di Locatelli: questo blog continuerà ad esistere in un'ottica di "servizio".
«...chi
vuole diventare grande tra di voi sarà il vostro servitore...anche
il Figlio dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire»
Mc
10, 43-44
Questo
passo del Vangelo di Marco esprime il concetto di servizio che mi piace esplicitare. «Non
sono venuto a comandare, ma a servire»
affermò Paolo VI nel discorso conclusivo al Concilio Vaticano II,
il 8 dicembre 1965. Il termine servizio, infatti, può richiamare
vari scenari. Qui il Papa interviene a livello che possiamo definire
di governance o politico e su questo molti "addetti ai lavori" farebbero bene a meditare. Se
consideriamo un servizio di piatti, di bicchieri, di posate subito
nella mente si costruisce un'immagine di "insieme", di
"tanti pezzi" ciascuno con la propria "funzione",
che altresì può essere resa flessibile, come ci insegna Sennet nel suo libro "L'uomo artigiano".
Infatti nel servizio non troviamo solo tazze per il tè e il caffè,
ma anche bricchi per contenere il latte, lo zucchero: tanti elementi
che assieme, però, interagiscono nella loro forma d'uso. Quando va
servito il tè si utilizzano determinati pezzi, per il caffè altri e
così via. Se viene a mancare un pezzo che si rompe, facciamo senza, oppure cerchiamo un
sostituto d'uso. Il servizio "spaiato" può ancora
assurgere al ruolo per cui è deputato, negoziando l'uso per cui sono
stati generati i vari pezzi: ciascun pezzo "dice la sua".
Metaforicamente potremmo parlare di "aggregato", di
"comunità" anche se qui legata ad oggetti. Il secondo
scenario è quello che possiamo collegare alla seguente domanda: a
cosa "serve" questa riflessione? La
risposta che mi viene da dare immediatamente è che essa può
coinvolgermi in una formazione davvero funzionale, ma
soprattutto soddisfacente allo sviluppo personale e professionale. Ma
allora come può una persona capire se sta davvero andando nella
direzione che lo porta a "diventare grande"? Secondo
l'accezione cristiana attraverso quella pratica che si chiama "esame
di coscienza", dove la persona rilegge il proprio agire alla
luce del Vangelo. L'esame di coscienza richiama il "guardarsi
dentro", "dialogare come di fronte ad uno specchio". E
qui ecco che si innesca una sorta di collegamento e meglio di
relianza secondo l'accezione di Morin che conia questo termine
derivato da relier (collegare) e alliance (alleanza)
che ci porta ad un dialogo riflessivo con le situazioni che ogni
giorno affrontiamo. «Un tal
modo di pensare richiede l'integrazione dell'osservatore con la sua
osservazione, cioè l'esame di sè, l'autoanalisi, l'autocritica.
[...] La difficoltà sta nell'educare gli educatori, che è il grande
problema che Marx poneva in una delle sue famose tesi su Feuerbach:
-Chi educherà gli educatori?
C'è
una risposta:è che essi si autoeduchino con l'aiuto degli educati». (E. Morin Insegnare a vivere manifesto per cambiare l'educazione , Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015 p.86-80)
Questa
autoeducazione si sviluppa attraverso l’incoraggiamento della
riflessione sulle differenze tra la prestazione del novizio e quella
dell’esperto, alternando l’attività dell’uno e dell’altro e
sostenendo il dialogo tra chi fa e chi critica. Questo dialogo può
gradualmente essere interiorizzato per orientare lo sviluppo ed
esteriorizzato con la discussione e l’alternanza dei ruoli di
studente e insegnante. In questo modo l’allievo/apprendista impara
sotto la guida del maestro esperto, ma profondamente se ne discosta
per le sue personali implicazioni mentali continuamente sollecitate.
Mi piace pensare che da qui continueranno a passare maestri esperti e novizi per condurci a quella forma di autoeducazione a cui aspiriamo. Chi saranno? Altri colleghi, bambini, genitori. Il giorno seguente la discussione della Laurea a Firenze sono salita per la prima volta sul Campanile di Giotto e sulla Cupola del Brunelleschi. Mentre percorrevo quelle scale in salita e in discesa pensavo a quanti scalini avevo percorso in salita con fatica e agevolmente in discesa in questo percorso di formazione. Mai mi sono sentita sola e mi piace pensare che sarà ancora così da queste pagine. E quando arrivi alla cima ti senti in Paradiso e quando scendi ti rimangono nel cuore quelle immagini di ciò che di meraviglioso hai contemplato:non ti lasceranno perchè sono dentro di te, proprio come questo spazio.
Nessun commento:
Posta un commento