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" Cos’è questo blog? Per me è il principale strumento di lavoro" Ho sempre fatto la maestra e ormai sono passati più di trent'anni. Sposata con Piero, due figli e ( per fortuna) ancora tanta voglia di fare per imparare il mio mestiere. Laureata in METODI E TECNICHE DELLE INTERAZIONI EDUCATIVE alla IULINE di Firenze:un'avventura che mi ha segnato nel profondo. Allora ho proseguito:MASTER di Primo Livello in Educazione e Formazione Pedagogia 2.0 e Laurea Magistrale in Innovazione Educativa ed Apprendimento Permanente.Ora lavoro sia alla Primaria sia presso UNIMIB come tutor coordinatore di Tirocinio per studenti di Scienze Formazione Primaria.

sabato 31 ottobre 2015

Le scale

Tra un mese questo blog compirà tre anni. Nacque precisamente a dicembre 2012. Lo scopo per cui venne creato era quello di accompagnarmi da studentessa nel mio percorso formativo presso la IULINE. Poi pian piano da "quaderno degli esercizi" per l'insegnamento di Informatica del primo anno, è diventato tanto altro:un contenitore di esperienze condivise con altre persone negli ambienti in cui vivo a scuola, in famiglia nello studio. Geert Lovink (Lovink 2011),  pensa il blog come una cassa di risonanza dell’ego di chi scrive, uno strumento della pubblicizzazione di sé. Riguardo la tesi sul blog come testualità nichilista, E. Locatelli nel suo libro "The blog Up- storia sociale del blog in Italia", Franco Angeli, Milano 2014, afferma a pag. 107:
«Pur essendo condivisibili alcuni spunti critici, la prospettiva di Lovink appare troppo semplificata poichè non prende adeguamente in considerazione le diverse tipologie di blog e il ruolo del contesto nazionale [...] il ruolo del contesto nel conferire ai blog ruoli differenziati è ben evidente in alcuni studi recentemente pubblicati (Russel, Echchaibi 2009; Dumova, Fiordo 2012). Un ultimo aspetto da non sottovalutare è il fatto che pur essendo incontestabile che molti blog siano privi di commenti, la possibilità di inserirli è presente di default e che molto spesso la funzione di commento è stata trasferita in modo complementare ai blog nei social network [...] i blog sono luoghi che costruiscono il consenso, ma che non escludono a priori il dibattito, anche se non sempre questo si attiva, generando la presenza di blog privi di commenti». Non ho mai pensato a questo spazio come luogo di ricerca del consenso e sottoscrivo le affermazioni di Locatelli: questo blog continuerà ad esistere in un'ottica di "servizio". 
«...chi vuole diventare grande tra di voi sarà il vostro servitore...anche il Figlio dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire»
Mc 10, 43-44
Questo passo del Vangelo di Marco esprime il concetto di servizio che mi piace esplicitare. «Non sono venuto a comandare, ma a servire» affermò Paolo VI nel discorso conclusivo al Concilio Vaticano II, il 8 dicembre 1965. Il termine servizio, infatti, può richiamare vari scenari. Qui il Papa interviene a livello che possiamo definire di governance o politico e su questo molti "addetti ai lavori" farebbero bene a meditare. Se consideriamo un servizio di piatti, di bicchieri, di posate subito nella mente si costruisce un'immagine di "insieme", di "tanti pezzi" ciascuno con la propria "funzione", che altresì può essere resa flessibile, come ci insegna Sennet nel suo libro "L'uomo artigiano". Infatti nel servizio non troviamo solo tazze per il tè e il caffè, ma anche bricchi per contenere il latte, lo zucchero: tanti elementi che assieme, però, interagiscono nella loro forma d'uso. Quando va servito il tè si utilizzano determinati pezzi, per il caffè altri e così via. Se viene a mancare un pezzo che si rompe, facciamo senza, oppure cerchiamo un sostituto d'uso. Il servizio "spaiato" può ancora assurgere al ruolo per cui è deputato, negoziando l'uso per cui sono stati generati i vari pezzi: ciascun pezzo "dice la sua". Metaforicamente potremmo parlare di "aggregato", di "comunità" anche se qui legata ad oggetti. Il secondo scenario è quello che possiamo collegare alla seguente domanda: a cosa "serve" questa riflessione? La risposta che mi viene da dare immediatamente è che essa può coinvolgermi in una formazione davvero funzionale, ma soprattutto soddisfacente allo sviluppo personale e professionale. Ma allora come può una persona capire se sta davvero andando nella direzione che lo porta a "diventare grande"? Secondo l'accezione cristiana attraverso quella pratica che si chiama "esame di coscienza", dove la persona rilegge il proprio agire alla luce del Vangelo. L'esame di coscienza richiama il "guardarsi dentro", "dialogare come di fronte ad uno specchio". E qui ecco che si innesca una sorta di collegamento e meglio di relianza secondo l'accezione di Morin che conia questo termine derivato da relier (collegare) e alliance (alleanza) che ci porta ad un dialogo riflessivo con le situazioni che ogni giorno affrontiamo. «Un tal modo di pensare richiede l'integrazione dell'osservatore con la sua osservazione, cioè l'esame di sè, l'autoanalisi, l'autocritica. [...] La difficoltà sta nell'educare gli educatori, che è il grande problema che Marx poneva in una delle sue famose tesi su Feuerbach: -Chi educherà gli educatori?
C'è una risposta:è che essi si autoeduchino con l'aiuto degli educati». (E. Morin Insegnare a vivere manifesto per cambiare l'educazione , Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015 p.86-80)
Questa autoeducazione si sviluppa attraverso l’incoraggiamento della riflessione sulle differenze tra la prestazione del novizio e quella dell’esperto, alternando l’attività dell’uno e dell’altro e sostenendo il dialogo tra chi fa e chi critica. Questo dialogo può gradualmente essere interiorizzato per orientare lo sviluppo ed esteriorizzato con la discussione e l’alternanza dei ruoli di studente e insegnante. In questo modo l’allievo/apprendista impara sotto la guida del maestro esperto, ma profondamente se ne discosta per le sue personali implicazioni mentali continuamente sollecitate.
Mi piace pensare che da qui continueranno a passare maestri esperti e novizi  per condurci a quella forma di autoeducazione a cui aspiriamo. Chi saranno? Altri colleghi, bambini, genitori. Il giorno seguente la discussione della Laurea a Firenze sono salita per la prima volta sul Campanile di Giotto e sulla Cupola del Brunelleschi. Mentre percorrevo quelle scale in salita e in discesa pensavo a quanti scalini avevo percorso in salita con fatica e agevolmente in discesa in questo percorso di formazione.  Mai mi sono sentita sola e mi piace pensare che sarà ancora così da queste pagine. E quando arrivi alla cima ti senti in Paradiso e quando scendi ti rimangono nel cuore quelle immagini di ciò che di meraviglioso hai contemplato:non ti lasceranno perchè sono dentro di te, proprio come questo spazio. 




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